“Lo sai perché mi piace cucinare?”

“No, perché”?

“Perché dopo una giornata in cui niente è sicuro, e quando dico niente voglio dire n-i-e-n-t-e, una torna a casa e sa con certezza che aggiungendo al cioccolato rossi d’uovo, zucchero e latte l’impasto si addensa: è un tale conforto!”

Julie&Julia

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giovedì 13 aprile 2023

Il Casatiello: la storia del lievitato pasquale più famoso di Napoli.

E' il piatto che festeggia la resurrezione di Cristo. Le strisce di pane che ingabbiano le uova semisommerse nell’impasto, rappresentano la croce su cui morì Gesù, mentre l'aspetto anulare è un richiamo alla ciclicità insita nella resurrezione pasquale. 

In prossimità della domenica di Pasqua, come da tradizione, giovedì santo le donne napoletane si metteranno già all’opera nelle loro cucine per la preparazione dei castelli, tòrtani, pastiere e chi più ne ha più ne metta. Tra le pietanze protagoniste delle tavolate pasquali il casatiello è sicuramente il più amato dai napoletani, non solo per il suo sapore unico, ma anche per il suo valore simbolico: è, infatti, il piatto che festeggia la resurrezione di Cristo. Le strisce di pane che ingabbiano le uova semisommerse nell’impasto, rappresentano la croce su cui morì Gesù e la sua corona di spine, mentre l'aspetto anulare è un richiamo alla ciclicità insita nella risurrezione pasquale. Il casatiello si ottiene dalla pasta del pane, quella fatta con la farina, l’acqua e il “criscito” (il lievito madre). Ha la forma di una grande ciambella, e viene farcito con uova, salumi, formaggi e strutto. Le massaie di un tempo tendevano ad arricchire il composto base del casatiello con tutti quei rimasugli commestibili che ancora avanzavano dalle provviste invernali e dalle preparazioni ottenute dal maiale. Oltre agli elementi già elencati, il casatiello contiene un ingrediente “fondamentale” che rende il suo sapore ancora più denso: la sugna, e cioè Il grasso del maiale. Un tempo la preparazione di questo rustico era considerata un vero e proprio rito: rappresentava una sorta di pulizia delle dispense, utilizzando tutte le piccole quantità di alimenti che altrimenti sarebbero stati buttati. Il nome “casatiello” deriva da “caseus” (“caso”) che nella lingua napoletana (cacio) vuol dire formaggio, e rievoca la cospicua quantità che se ne trova al suo interno.

Le sue origini sono antichissime, si fanno risalire alla Napoli prima greca e poi romana. Nella letteratura greca, in effetti, già si legge di pani conditi con diversi ingredienti. Inizialmente servito durante le feste primaverili in onore di Demetra o Cerere per i romani, diventa, poi, simbolo della Pasqua cattolica simboleggiando la corona di spine di Cristo. Nel 1600 Giambattista Basile lo cita insieme alla pastiera napoletana ne “La Gatta Cenerentola”, opera, che descrive i festeggiamenti del re per trovare la fanciulla che aveva perso la scarpetta. Si legge: “E’ venuto lo juorno destenato, oh bene mio: che mezzecatorio e che bazzara che se facette. Da cove vennero tante pastiere e casati elle? Dove li sottostate e le porpette? Dove li maccarune e graviuole? Tanto che nce poteva magnare n’asserceto formato”. Col tempo questa pietanza si è legata sempre di più alla Pasqua e ad una simbolicità religiosa che si ritrova nella decorazione con le uova, simbolo pasquale per eccellenza. Il casatiello non viene però consumato solamente la domenica di Pasqua, ma, essendo perfetto come pranzo al sacco, è diventato il protagonista immancabile delle gite fuoriporta e dei pic-nic tipici del lunedì di Pasquetta. Attenzione a non confonderlo con il Tòrtano, una versione che si prepara secondo lo stesso procedimento del Casatiello, ma che non è tipica delle festività pasquali e non è perciò decorata con uova. Esistono anche altre varianti di questo rustico: il casatiello dolce, ad esempio (preparato con uova, zucchero, strutto e decorato con della glassa in superficie), e molte altre varianti locali che prevedono differenze nella farcitura. 


Per il mio Casatiello ho seguito la ricetta di Benedetta Rossi, della quale vi posto il video: 










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