“Lo sai perché mi piace cucinare?”

“No, perché”?

“Perché dopo una giornata in cui niente è sicuro, e quando dico niente voglio dire n-i-e-n-t-e, una torna a casa e sa con certezza che aggiungendo al cioccolato rossi d’uovo, zucchero e latte l’impasto si addensa: è un tale conforto!”

Julie&Julia

Visualizzazioni totali

Lettori fissi

venerdì 5 luglio 2024

Il ketchup: tutto ciò che non sappiamo (forse).

 


Chi non ha mai mangiato il ketchup sulle patatine o negli hamburgers? 

Tutti pensano che il ketchup sia stato inventato negli Stati Uniti ma ci sbagliamo. E' stata inventata in Cina e solo dopo perfezionata negli USA. 

Il ketchup ha origini molto più antiche e ben distanti dalle coste americane. Questa salsa a base di pomodoro nasce infatti in Cina e si diffonde in tutto il Sud Est asiatico prima di sbarcare negli Stati Uniti e conquistare tutto il mondo. 

Il termine cinese "kê-chiap" è infatti la traduzione di "succo di pesce fermentato" nel dialetto hokkien della provincia di Fujian. La traduzione per noi occidentali è destabilizzante ma sì, la ricetta "originale" del ketchup era a base di pesce fermentato. Questa salsa si diffonde in tutta la zona trovando terreno fertile in Vietnam, Thailandia, Indonesia e soprattutto Malesia. Proprio da qui viene traslitterato in "kecap" per poi passare all'inglese ketchup. Proprio per questa ragione in America leggiamo ancora oggi la dicitura "tomato ketchup", ovvero "ketchup di pomodoro", per distinguerlo dalla salsa "originale" malese.




La salsa arriva in Europa solo nel Seicento, come fermentato di acciughe, ma viene subito personalizzata dai cuochi: troviamo il ketchup di noci, di limoni, di funghi, di ostriche. Non abbiamo prove scritte fino al 1727, anno in cui Elizabeth Smiths pubblica "The Complete Housewife", un antichissimo libro di ricette inglesi in cui viene riportata questa salsa a base di acciughe, scalogno, aceto, vino bianco, pepe, scorza di limone, chiodi di garofano, zenzero e noce moscata. Dobbiamo aspettare la fine del 1700 e trasferirci oltreoceano per vedere i primi pomodori nella preparazione.




Nel 1812 la prima ricetta scritta di una salsa simile al ketchup moderno, ideata dallo scienziato James Mease. Un decennio dopo appare un'altra ricetta in The Virginia Housewife (un influente libro di cucina del XIX secolo scritto da Mary Randolph, cugina del presidente Thomas Jefferson). Queste ricette sono molto dure, hanno un sapore pungente, respingente per il grande pubblico. Oggi non lo avremmo mai mangiato. 

Il ketchup "moderno" arriva grazie a Henry J. Heinz. 



Nel 1876 produce per la prima volta questa salsa in serie, modificando quasi definitivamente la ricetta, aggiungendo più aceto e più zucchero. L'intuizione è geniale: il ketchup è molto acido in quel periodo perché viene fatto con pomodori acerbi, quasi senza sapore, quindi la componente acetica è predominante. Le cose cambiano proprio con Heinz che sfrutta la dolcezza delle cipolle e l'aggiunta di zucchero per addolcire il tutto, coadiuvato (senza volerlo) dalla Food and Drugs Administration che avrebbe vietato l'uso del benzoato di sodio come conservatore e addensante. Questa decisione obbliga Heinz a usare pomodori già maturi, più saporiti, e trasforma la ricetta in quella che conosciamo oggi. Se compri il ketchup in quell'iconico contenitore, la ricetta è la stessa di quella che avresti assaggiato nell'Ottocento. Inoltre uno dei primi claim pubblicitari dell'azienda ci dice anche uno spaccato della vita degli americani a fine Ottocento: "Finalmente un sollievo per le madri e le altre donne nella casa!" recita.

Perché il ketchup in barattolo dovrebbe sollevare le donne di casa? Perché a quel tempo è credenza comune negli Stati Uniti che il pomodoro crudo fosse velenoso. Un retaggio che abbiamo avuto anche in Europa per tantissimi anni e che costringe le casalinghe statunitensi a cucinare i pomodori per tantissime ore, quasi come un ragù, perché la stracottura annullerebbe "il veleno" di questo vegetale. Trovare, quindi, una salsa già pronta al supermarket sotto casa, è senza ombra di dubbio una comodità senza prezzo per le casalinghe del tempo. 



Piccola curiosità: pare che il ketchup sia stato usato come medicina per un breve periodo: il dottor John Cook Bennett, presidente del Dipartimento medico della Willoughby University in Ohio  nel 1835 crea una pillola a base di ketchup convinto che potesse curare diarrea, ittero, indigestioni. Pare che Bennett fosse stato convinto della cosa da un medico del Michigan: ma l'esperimento non durò a lungo a causa dell'efficacia pressoché nulla della medicina, anche perché i pomodori, in realtà, hanno un effetto tutt'altro che astringente.


Il ketchup in Italia

Molti pensano che il ketchup sia arrivato in Italia col boom economico del dopoguerra ma non è così. Questo fraintendimento viene solo ed esclusivamente dalle leggi di difesa della lingua dai forestierismi che abbiamo avuto durante il ventennio fascista. Avevamo il ketchup ma lo chiamavamo salsa rubra. 



Il nome, che non significa assolutamente nulla, è inventato proprio dai comuni cittadini grazie a un'intuizione dei responsabili marketing di Cirio. L'azienda  torinese importa in Italia il "tomato ketchup" ma non può commercializzarlo così, per questo chiede ai propri consumatori di inventare un nuovo nome. 

In finale arrivano "Salsa Vesuvio" e "Salsa Rubra". La vittoria va a quest'ultimo sempre per motivi "legali": il collegamento con il latino (rŭbĕr, che significa "rosso", come il colore della salsa) è troppo invitante per i dirigenti dell'epoca. Il nostro rapporto con questa salsa è ancora oggi ambiguo, legato quasi a uno stile infantilistico di mangiare. L'industrializzazione che ha portato all'appiattimento del gusto incide sicuramente tanto sulla nostra percezione del ketchup ma in realtà si tratta di un prodotto molto complesso nel sapore, che meriterebbe più considerazione.


Fonte Web. 

mercoledì 3 luglio 2024

Un croissant a colazione.




Stamattina per colazione mi sono concessa un Croissant. E’ una di quelle coccole che mi faccio quando so che la giornata sarà particolarmente impegnativa. Mentre lo gustavo mi sono ritrovata a pensare alla Francia e a quando fosse nato il croissant. Ho cercato allora informazioni in rete e ho scoperto che..

 

I croissant non li hanno inventati i francesi.  

La loro origine è austriaca. Derivano dal kipferl austriaco. 



Furono, poi, importati in Francia nelle prima metà del 1800, quando l’ufficiale di artiglieria austriaco August Zang fondò la Boulangerie Viennoise a Parigi. La parola croissant però è francese: significa crescente e prende nome dalla forma della mezza luna.

 



venerdì 28 giugno 2024

L'alimento più amato in estate: il gelato.





Ma quanto è buono il gelato? Se è artigianale è ancora meglio. Ma quando è nato? 

Una sorta di gelato o simile ad esso, risalirebbe al 3.000 a.C., in Cina. Era un composto di latte e riso cotto con delle spezie che veniva messo nella neve per farlo solidificare. Nello stesso periodo storico delle preparazioni simili sarebbero avvenute in Egitto e nel deserto del Sahara. Erano molto più simili al nostro sorbetto che al gelato vero e proprio.

Un alimento ghiacciato dalla consistenza cremosa risale invece al 400 a.C. e all’Impero Persiano, a base di acqua di rose congelata, zafferano e frutta, con una refrigerazione artificiale tramite una grande struttura piramidale chiamata yakhchal, che utilizzava l’evaporazione e l’isolamento per mantenere la freschezza. Alessandro Magno pare fosse goloso di neve o ghiaccio aromatizzati con miele e nettare, mentre Nerone la preferiva con il vino. Al 1.000 circa d.C. risale lo sharbat mediorientale, assai vicino al nostro gelato, al sorbetto e alla granita siciliana, preparato con zucchero, acqua e aromi. Marco Polo, in uno dei suoi viaggi di ritorno in Italia portò con sé dalla Cina la ricetta di dolci freddi a base di latte e succhi di frutta ghiacciati.

L’inventore del gelato moderno fu Bernardo Buontalenti nel Rinascimento


La versione moderna del gelato sarebbe stata inventata da Bernardo Buontalenti per Caterina de' Medici. Fu un'invenzione culinaria che incantò tutta Firenze durante il Rinascimento. Grande architetto, scultore e pittore, Buontalenti era un grande appassionato di cucina. Fu lui a riuscire per la prima volta ad abbassare la temperatura degli alimenti sotto lo zero aggiungendo al ghiaccio del sale da cucina: il primo gelato fatto con latte, miele, tuorlo d’uovo e vino fu chiamato “Crema Fiorentina”.

Caterina de’ Medici portò il gelato alla corte di Francia di suo marito, il re Enrico II. Il gelato raggiunse definitivamente la fama in seguito e grazie al siciliano Francesco Procopio Cutò, il quale lo esportò in Francia alla fine del XVII° secolo. Procopio fu il fondatore del più antico Cafè di Parigi, “Le Procope”, aperto nel 1686.


(Procopio, il palermitano che ha portato il gelato a Parigi)



Divenne il luogo migliore in tutta la Francia in cui poter mangiare il vero gelato italiano. Alla fine del ‘700 Filippo Lenzi aprì la prima gelateria negli Stati Uniti. Il gelato si diffuse negli Usa e portò alla nascita della gelatiera manuale ad opera di Nancy Johnson e di quella meccanica ad opera di William Young, fino a quella a motore di inizio ‘900. È ancora negli Usa che nasce la cialda per il cono, inventata dall’italiano Italo Marchioni. Con il cono, la gente ha iniziato a passeggiare mangiando il gelato.





L’inventore del gelato con lo stecco è stato Domenico Pepino




Il primo gelato con lo stecco risale al 1939 a Torino. Esso fu un’invenzione del napoletano Domenico Pepino, un artista del gelato. Pepino aprì a Torino la Gelateria Napoletana, che divenne nota e frequentata. I gelati con lo stecco di Pepino conquistarono tutti: diventò fornitore della Real Casa e partecipò a prestigiose esposizioni italiane e internazionali, in occasione delle quali presentò altre innovazioni come l’uso di vecchi stampi artistici napoletani come stampi per il gelato.

Il primo gelato su stecco, il primo cono confezionato, il primo “barattolino” e il primo biscotto-gelato

Il primo gelato industriale su stecco, confezionato, è stato il “Mottarello” (prodotto dalla “Motta”) al fiordilatte nel 1948. Subito dopo, negli anni ‘50, arrivò il primo cono con cialda industriale: il “Cornetto” prodotto da Algida. Gli anni ‘70 e la diffusione del frezeer nelle case portarono al primo secchiello formato famiglia, il “Barattolino” prodotto dalla “Sammontana”Il primo biscotto-gelato è stato il “Ringo” nel 1967 (prodotto da Sanson, poi da Sammontana e infine da Algida).



Nel 2012 fu istituito ufficialmente il Gelato day




Il 24 marzo di ogni anno, ormai da 12 anni, è la Giornata europea del gelato artigianale, o più semplicemente Gelato day. È l’unica giornata che il Parlamento, almeno fino ad ora, ha dedicato a un alimento. L’idea di istituire una Giornata europea del gelato nacque 15 anni or sono, nel marzo del 2009, quando ne fu avanzata la richiesta in via ufficiale al Parlamento di Strasburgo dall’onorevole Iles Braghetto, con la collaborazione di Giovanni De Lorenzi, Paolo Garna e José Luis Gisbert Valls. Ma la raccolta delle firme non riscosse il successo sperato. Ci riprovarono nel 2010 l’onorevole Giancarlo Scottà e nel 2011 l’onorevole Antonio Cancian.

Nel 2012 furono cinque gli Europarlamentari che presentarono la “Dichiarazione” per l’istituzione del Gelato day: gli italiani Sergio Silvestris e Paolo De Castro, la spagnola Eva Ortiz Vilella, gli austriaci Ewald Stadler e Andreas Molzer. Il quorum fu raggiunto con 387 voti e il 5 luglio del 2012 il Parlamento Europeo istituì ufficialmente la “Giornata europea del gelato artigianale”. Tra le motivazioni, ad esempio, che “tra i prodotti lattiero-caseari freschi, il gelato artigianale rappresenta l’eccellenza in termini di qualità e sicurezza alimentare, che valorizza i prodotti agro-alimentari di ogni singolo stato membro”.

Italia, il Paese delle gelaterie artigianali

Sul territorio italiano, attualmente, ci sono circa 40.000 gelaterie artigianali, uno dei settori più floridi dell’economia legata al cibo. Il gelato lo si può mangiare per 12 mesi all’anno. Ma cosa distingue il vero gelato artigianale italiano dagli altri? La minore quantità di grassi, la minore quantità di ari incorporata durante la lavorazione, con latte e panna che sono i grandi protagonisti della preparazione base. Inoltre, un gelato artigianale italiano si scioglie più rapidamente perché non presenta cristalli e resta sempre cremoso. Pare che il prossimo passo sia quello di ottenere un riconoscimento dall’Unesco per “l’arte del gelatiere italiano” così già accaduto per “l’arte dei pizzaioli napoletani”.